Aldous Huxley. IL MONDO NUOVO. RITORNO AL MONDO NUOVO. Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1933, 1961. Traduzione di Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi. "Il mondo nuovo": copyright Aldous Huxley 1932. Titolo originale dell'opera: "Brave New World". Copyright 1933 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano. "Ritorno al mondo nuovo": copyright Aldous Huxley 1958. Titolo originale dell'opera: "Brave New World Revisited". Copyright 1961 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano. INDICE. ALDOUS HUXLEY. La vita: p. 4. Le opere: p. 9. La fortuna: p. 14. Bibliografia: p. 19. IL MONDO NUOVO: p. 23. Note al testo: p. 347. RITORNO AL MONDO NUOVO. Prefazione: p. 349. Sovrappopolazione: p. 352. Quantità, qualità, moralità: p. 367. Superorganizzazione: p. 371. La propaganda in una società democratica: p. 387. La propaganda sotto la dittatura: p. 397. L'arte di vendere: p. 408. Il lavaggio dei cervelli: p. 423. La persuasione chimica: p. 436. La persuasione subconscia: p. 448. Ipnopedia: p. 459. Educazione alla libertà: p. 473. Che fare?: p. 489. 1 ALDOUS HUXLEY. - La vita. Aldous Huxley nasce il 26 luglio 1894 a Godalming, nella contea del Surrey, da una famiglia illustre. Suo nonno era il noto biologo Thomas Henry Huxley, uno dei più accesi sostenitori delle teorie darwiniane in Inghilterra, mentre suo padre, Leonard, aveva per lungo tempo diretto la «Cornhill Magazine», fondata da William Thackeray nel 1860. La madre, Julia Arnold, era invece nipote del poeta Matthew Arnold. Huxley si iscrive a Eton con l'intenzione di diventare medico, ma appena iniziati gli studi, contrae una grave forma di cheratite e, nel giro di pochi mesi, perde quasi completamente la vista. A causa della malattia lo scrittore impara a leggere libri e spartiti musicali in Braille e a scrivere a macchina, ma è costretto a continuare gli studi con precettori privati. Tuttavia il sogno di una brillante carriera scientifica è svanito per sempre e Huxley decide di dedicarsi allo studio della letteratura inglese e della filologia. A vent'anni, grazie a una lente di ingrandimento riesce a recuperare l'uso di un occhio e può iscriversi al Balliol College di Oxford, dove si laurea nel 1915. Lo scrittore trascorre il restante periodo bellico lavorando per il governo ma dedicandosi anche all'insegnamento e a lavori diversi, tra cui il giardinaggio. Nel 1919 sposa Maria Nys, una donna belga rifugiatasi in Inghilterra durante il conflitto mondiale, da cui avrà un figlio, Matthew. In quegli anni inizia a pubblicare recensioni di teatro, arte, musica e libri sulla prestigiosa rivista «Athenaeum» e sulla «Westminster Gazette», dove fa la conoscenza di John Middleton Murry, Katherine Mansfield e D. H. Lawrence. Con quest'ultimo condivide una schietta passione per l'Italia, dove dimora dal 1923 al 1930 - con l'esclusione del '25 e '26, trascorsi viaggiando in India - dedicandosi soprattutto alla scrittura di racconti e romanzi, tra cui "Punto contro punto", del 1928. A differenza di molti altri connazionali, Huxley impara a conoscere a fondo l'Italia, come dimostrano i racconti ambientati a Firenze, "Il giovane Archimede", e a Roma, "Dopo i fuochi di artificio". Poco prima di morire, nel 1929, Lawrence è ospite a Forte dei Marmi degli Huxley, che poco dopo lo assisteranno negli ultimi istanti di vita, a Vence. Sarà lo stesso Huxley a curare, nel 1932, la prima raccolta delle lettere di Lawrence. Nel 1930 Huxley acquista una casa nel Sud della Francia, dove si ritira quando non è a Londra. Influenzato dal clima intellettuale britannico di quegli anni, lo scrittore si interessa soprattutto di politica e raggiunge vasta notorietà internazionale pubblicando, nel 1932, "Il mondo nuovo". Nel '34 e nel '35 Huxley inizia una serie di viaggi in Centroamerica e negli Stati Uniti. Qui, nel 1937, entra in contatto con l'équipe medica del dottor Bates di New York, che finalmente cura in modo efficace la sua malattia alla cornea. Per poter continuare questa terapia nel modo migliore, si trasferisce nel Sud della California e ottiene un recupero quasi totale della vista. Nel marzo del 1942 gli Huxley si trasferiscono a Llano, in California, 2 dove Aldous lavora al volume "L'arte di vedere", un vero e proprio gesto di gratitudine nei confronti dell'oculista che l'ha curato. I coniugi prendono in affitto anche un appartamento a Beverly Hills, ed è qui che lo scrittore ultima il romanzo "Il tempo si deve fermare", pubblicato nell'agosto del '44. Si dedica quindi alla stesura di "Filosofia perenne", una raccolta di saggi filosofici - dove Huxley manifesta un interesse sempre più marcato per il misticismo - che viene pubblicata poco dopo il termine del secondo conflitto mondiale. In una lettera indirizzata alla scrittrice argentina Ocampo, Huxley esprime la propria soddisfazione per l'avvenimento, ma anche le sue preoccupazioni. «Gli Stati nazionali» scrive infatti Huxley «a cui la scienza fornisce un potere militare enorme mi fanno sempre pensare alla descrizione data da Swift di Gulliver trasportato da una gigantesca scimmia sul tetto del palazzo del re di Brobdingnag: la ragione, il rispetto per gli altri, i valori dello spirito, si trovano nelle grinfie della volontà collettiva che ha il vigore fisico di una divinità, ma anche la mentalità di un delinquente di quattordici anni.» Nel '55 muore la prima moglie e Huxley si risposa l'anno successivo con la torinese Laura Archera che, nel 1968, pubblicherà negli Stati Uniti un libro di memorie: "A Personal View of A. H.". A partire dai primi anni Cinquanta lo scrittore abbandona progressivamente la narrativa per dedicarsi sempre più intensamente alla speculazione filosofica. Questa ricerca lo porta ad approfondire gli studi esoterici - intrapresi più di vent'anni prima in occasione dei viaggi in India - e a sperimentare estesamente su se stesso gli effetti della mescalina e dell'acido lisergico - che per primo chiama psichedelico - intesi come strumenti per conoscere le capacità della psiche umana. In particolare, lo scrittore tenta di far convergere in un'unica forma di esperienza la conoscenza scientifica e quella mistica, «ma» come scrive in uno dei suoi saggi di quegli anni «più la scienza amplia i suoi confini e maggior comprensione ci dà dei meccanismi dell'esistenza, più chiaramente spicca il mistero stesso dell'esistenza». Nel 1960 gli viene diagnosticato un cancro alla lingua e la vista riprende a peggiorare. Il 12 maggio del 1961 un incendio divampa nella sua casa e distrugge tutti i suoi libri e le sue carte. La perdita è una prova durissima: «Vedi un uomo senza passato» confida in tale occasione a un amico. Huxley si spegne a Hollywood il 22 novembre 1963, lo stesso giorno dell'assassinio del presidente Kennedy. - Le opere. Non è facile individuare nella vasta produzione di Huxley un unico filo conduttore, perché lo scrittore, intellettuale irrequieto e curiosissimo, ha sempre partecipato con calore al dibattito politico e culturale del suo tempo e seguito con entusiasmo lo sviluppo delle scoperte scientifiche, facilitato in questo dal fratello Julian, di sette anni più vecchio, biologo di fama mondiale, e dal fratellastro Andrew, premio Nobel 1963 per la medicina. La sua opera prima, un romanzo scritto a diciotto anni e mai 3 pubblicato, è andata perduta e neppure l'autore ha potuto leggerla per intero perché quando, due anni dopo, ebbe recuperato parzialmente la vista, il dattiloscritto nel frattempo si era smarrito. Nelle sue prime composizioni Huxley contempla con occhio disincantato la società inglese dopo il primo conflitto mondiale, mettendo a nudo la fragilità e le contraddizioni dei luoghi comuni su cui è costruita. Un esempio tipico di questo atteggiamento è il poemetto in prosa "La giostra", contenuto nella raccolta "Leda", del 1920. Anche il primo romanzo, "Giallo cromo" (1921), è una garbata satira dell'alta borghesia frequentata dallo scrittore. Gli stessi temi satirici, col passare del tempo sempre più scoperti, sono ripresi anche nei romanzi successivi, come "Passo di danza", del 1923 e "Foglie secche", del 1925. Il momento più significativo di questo primo periodo è rappresentato da "Punto contro punto" (1928), scritto durante il soggiorno italiano e considerato unanimemente la miglior prova di Huxley nel campo del romanzo delle idee. Qui lo scrittore mette a confronto tutti gli ideali dell'uomo contemporaneo - religione e falso misticismo, scienza, arte, sesso e politica - con la soddisfazione e la disillusione causate dalla loro inadeguatezza. Con una tecnica che si ispira a quella usata da Joyce nel celebre "Ulisse", lo scrittore inglese si serve della sua conoscenza della musica per creare un romanzo che si dispiega come un brano sinfonico: attraverso la costante contrapposizione dei tempi, degli umori, dei personaggi e delle scene, ritrae il flusso della vita in una rappresentazione frammentata che spetta al lettore unificare. Grazie a questa struttura narrativa il messaggio di Huxley risulta enfatizzato: chi vive per le idee e gli assoluti sarà un essere umano frammentato e insoddisfatto. Dopo questo romanzo Huxley opera un radicale cambiamento nelle proprie convinzioni filosofiche e comincia ad avvertirsi l'influenza dei viaggi in India negli anni '25 e '26. Queste nuove convinzioni si possono facilmente verificare contrapponendo il protagonista di "Punto contro punto", Philip Quarles, ad Anthony Beavis, protagonista de "La catena del passato", del 1930, un romanzo abilmente costruito manipolando le sequenze temporali come aveva fatto Faulkner in "L'urlo e il furore". Beavis, dopo un'esistenza contraddittoria, approda alla fede nel pacifismo di stampo gandhiano-tolstoiano. Il punto cruciale di questa evoluzione può essere individuato ne "Il mondo nuovo", del 1932. Il romanzo è ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro, pianificato nel nome del razionalismo produttivistico, qui simboleggiato dal culto di Ford. I cittadini di questa società non sono oppressi dalla guerra né dalle malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. Affinché si mantenga questo equilibrio, però, gli abitanti vengono concepiti e prodotti industrialmente in provetta sotto il costante controllo di ingegneri genetici. Durante l'infanzia vengono condizionati con la tecnologia e con le droghe e da adulti occupano ruoli sociali prestabiliti secondo il livello di nascita. L'equilibrio si spezza quando John, un giovane cresciuto in una società più primitiva, entra in contatto con questa società 'perfetta'. La sua ribellione contro la massificazione però non ha fortuna: un tema, questo - la sconfitta del singolo a vantaggio del numero - che costituisce uno dei temi 4 ricorrenti di tutta la narrativa successiva di Huxley. Il successo de "Il mondo nuovo", così come il dibattito che si sviluppa intorno alle tesi discusse nel libro, spingono Huxley a pubblicare, nel 1958, "Ritorno al mondo nuovo", dove evidenzia che molte delle sue più catastrofiche previsioni del 1932 si sono avverate anzitempo. "Ritorno al mondo nuovo" non è infatti un romanzo, ma una raccolta di saggi, in cui l'autore espone le proprie convinzioni politico-sociali. I pilastri ideologici che fanno da sfondo al fortunato romanzo vengono qui ripresi e analizzati singolarmente per dimostrare che in più di un caso fanno già parte del presente. A partire dagli anni Quaranta Huxley è sempre più spesso affascinato dagli studi storici e scientifici e si dedica alla narrativa sempre più raramente. L'opera in cui lo scrittore esprime più compiutamente il proprio pessimismo è "I diavoli di Loudun" (1952), ambientato nella Francia del Seicento. Rigorosa ricostruzione storica di un processo per stregoneria, il libro è giustamente considerato l'opera più riuscita dello scrittore inglese proprio grazie alla ricchezza e alla diversità dei temi trattati. L'autore, abbandonate le catene dell'ideologia che lo hanno legato per tanti anni, attinge liberamente alla propria eccezionale erudizione, realizzando una puntigliosa e dettagliata ricostruzione in cui nulla viene trascurato. In quest'opera infatti lo scrittore non modella la trama in base alle proprie premesse teoriche, ma si serve di un fatto storico, ampiamente documentato, per rappresentare l'esperienza umana sulla Terra in tutta la sua orrenda e grottesca tragicità. Huxley deve la sua fama anche alla sua attività di critico, di poeta, di drammaturgo e, soprattutto, di saggista. Le sue opere più significative in questo campo sono, oltre alla già citata "Filosofia perenne", "Le porte della percezione", del 1954 e "Paradiso e inferno" del 1956. Questi due volumi parlano degli esperimenti di Huxley con le droghe. Lo scrittore parte dalla considerazione che la scienza contemporanea ha dimostrato che gran parte della felicità e dell'infelicità è una questione di composizioni chimiche: la linea di demarcazione tra pazzia e sanità mentale, tra malattia e benessere, può essere tracciata dalla presenza o dall'assenza di un elemento o di una vitamina nel nostro cibo. I due saggi raccontano anche in modo molto dettagliato come ottenere quelle visioni che ci consentono di diventare consapevoli dell'esistenza di un mondo ulteriore. Un anno prima di morire Huxley pubblica ancora un romanzo, "L'isola", in cui ripropone il tema sviluppato in tanti saggi: il libro è ambientato a Pala, un'immaginaria isola del Pacifico, i cui abitanti hanno creato una società armoniosa, fondendo le scoperte tecnologiche dell'Occidente con i valori spirituali dell'Oriente. Purtroppo, però, Pala viene sopraffatta dalle interferenze politiche e dal cinismo degli Occidentali che vogliono sfruttarne le risorse naturali. - La fortuna. Negli anni tra le due guerre la critica italiana si occupa di Huxley in modo miope e superficiale. Carlo Linati, nel 1932, si limita a evidenziare i contenuti comici delle sue prime opere, mentre Maria 5 Astaldi, in un breve saggio del 1940, si preoccupa soprattutto di dimostrare che lo scrittore inglese è profondamente influenzato dalla cultura italiana e che solo a questa deve la propria grandezza. Anche dopo il venir meno delle faziosità dovute al totalitarismo del Ventennio, si deve tuttavia attendere sino agli anni Sessanta perché su Huxley vengano pubblicati studi approfonditi che cerchino di analizzare in modo esauriente i molti aspetti della sua opera monumentale. Nel '45 infatti Napoleone Orsini stigmatizza lo psicologismo di "Punto contro punto" e lo stesso, attentissimo, Mario Praz solo in un secondo tempo rileva il carattere erratico dell'esperienza umana e artistica di Huxley e il sottile filo tragico che lega la superficiale comicità dei suoi racconti. Emilio Cecchi, all'inizio degli anni Cinquanta, si entusiasma in modo forse eccessivo per "Punto contro punto", che arriva a giudicare «una pietra miliare della letteratura novecentesca», un romanzo che al contrario non ha resistito a lungo all'uso del tempo. Negli stessi anni però Elemire Zolla sottolinea negativamente la freddezza e il cinismo che traspaiono dallo stile dello scrittore. Dopo le argomentazioni di Manlio Miserocchi che, nel 1964, tenta, con risultati non del tutto convincenti, di dimostrare la coincidenza degli ideali di Huxley con quelli dell'umanesimo cristiano, nel 1968 e successivamente nel 1977 Romo Runcini si dedica finalmente al compito di studiare in modo approfondito tutta l'opera di Huxley e di collocarla nell'ambito della cultura inglese ed europea. A proposito de "Il mondo nuovo" scrive: «Il romanzo è lontano tanto dalla tenace sicurezza e operosità vittoriane, quanto dall'annunciata catarsi sociale che Shaw e i suoi amici fabiani davano per certa. Qui si proietta il presente in una favola del futuro per esaltare quel processo di massificazione dell'uomo accettato dai più quale prezzo da pagare per una società prospera e sicura». Sulla stessa linea si muovono altri studiosi che negli anni successivi si occupano del problema dell'utopia negativa, come Ruggero Bianchi, Elena Bonicelli e Vita Fortunati. Daniela Guardamagna nel 1980 si sofferma finalmente sull'importanza che assume in Huxley l'ironia rivolta non solo al di fuori del testo, ma anche verso i personaggi dei suoi romanzi e verso lo scrittore stesso. Un'attenta analisi, ancora dei temi utopici di Huxley, e quindi riferita a "Il mondo nuovo", "La scimmia e l'essenza" e "L'isola", si trova nel bel libro di Stefano Manferlotti "Anti-utopia, Huxley Orwell Burgess", dove si analizza, nei tre autori, il tema dell'utopia negativa, o distopia, così ricorrente nella cultura britannica: «Da un lato» scrive Manferlotti «l'affermarsi delle strutture-individuali dei grandi apparati produttivi e dei monopoli, con i relativi corollari della reificazione e mercificazione dell'esistenza, concorre a distruggere il mito di un progresso lineare illimitato e, con ciò stesso, le premesse per descrizioni utopiche che chiameremo per comodità di sintesi, 'conservatrici'. Dall'altro lato il fallimento pragmatico dell'ipotesi marxista in tutti i Paesi del cosiddetto 'socialismo reale', sembra dimostrare l'impossibilità di dar vita a narrazioni assiologicamente organizzate intorno all'ideologia marxista e che chiameremo, per comodità di sintesi, 'di sinistra' o 6 'progressiste'. Caduti quindi anche i pregiudizi della cultura di sinistra, la valutazione complessiva di Huxley nel nostro Paese è finalmente destinata ad avviarsi verso un definitivo equilibrio, in cui abbiano finalmente il loro rilievo le opere meno ideologizzate e, proprio per questo, più avvincenti e istruttive, come "I diavoli di Loudun", e "L'eminenza grigia" (1941), una biografia di padre Giuseppe da Parigi, al secolo François Leclerc du Tremblay, segretario del cardinale Richelieu, una delle più compiute condanne dell'attività politica e della ragion di Stato di questo secolo. «Più e più volte» vi scrive tra l'altro Huxley «uomini di Chiesa e laici devoti sono divenuti uomini di Stato con la speranza di elevare la politica al loro livello morale, e sempre la politica è riuscita a trascinarli giù al suo livello morale su cui gli uomini di Stato, in quanto fanno della politica, sono costretti a vivere». L'attenzione della critica anglosassone nei confronti di Huxley è stata naturalmente molto più ampia e più dettagliata, anche se prevalgono gli studi parziali su quelli complessivi dell'opera dello scrittore britannico. Tra i giudizi dei grandi nomi della letteratura contemporanea si può ricordare quello non certo benevolo di T. S. Eliot che, nel 1927, definì Huxley «uno di quegli scrittori che debbono scrivere trenta romanzi prima di scriverne uno buono» e aggiunse che era malato di sentimentalismo e di «religiosità chic». Anche George Orwell e Virginia Woolfe hanno spesso manifestato le loro perplessità nei confronti di Huxley, e il filosofo tedesco Th. W. Adorno esprime giudizi pesantemente negativi su "Il mondo nuovo": «Huxley si schiera con coloro che all'era industriale rimproverano non tanto la disumanità quanto la decadenza di costumi. L'umanità viene posta dinanzi alla scelta tra la ricaduta in una mitologia che a Huxley stesso pare discutibile e un progresso verso una compatta illibertà della coscienza. Non resta nessun spazio per un concetto dell'uomo che non si esaurisca né nella coercizione del sistema collettivistico né nella contingenza del singolo. La costruzione di pensiero che denuncia lo Stato universale totalitario mentre esalta retrospettivamente l'individualismo che vi portò, è totalitaria essa stessa». Tuttavia, a parte gli esempi sopracitati, la quasi totalità della critica anglosassone ha sempre manifestato il proprio apprezzamento nei confronti di Huxley. Vi si insiste sulla definizione di 'romanzi di idee' e ricorrono spesso gli studi comparati con Orwell, Burgess, Zamjatin e non sono rari quelli con Lawrence. Vengono evidenziate, in particolare, la sua capacità di guardare con occhio disincantato ai fasti del mondo contemporaneo e le sue peculiarità all'interno della civiltà letteraria britannica, troppo spesso aliena alla speculazione filosofica. - Bibliografia. Prime edizioni. "Brave New World", London, Chatto & Windus, 1932. 7 "Brave New World Revisited", London, Chatto & Windus, 1959. Opere generali accessibili in italiano. E. Wilson, "Il Castello di Axel", New York, Charles Scribner's Sons, 1931; trad. it., Milano, Studio Editoriale, 1988. G. Cambon, "La lotta con Proteo", Milano, Bompiani, 1963. M. Praz, "La letteratura inglese dai Romantici al Novecento", Firenze, Sansoni-Accademia, 1968. G. Melchiori, "I funamboli", Torino, Einaudi, 1974. M. Praz, "Fiori freschi", Milano, Garzanti, 1982. R. Jacobbi, "L'avventura del Novecento", Milano, Garzanti, 1984. F. B. Crucitti Ullrich (a cura di), "Carteggio Cecchi-Praz", Milano, Adelphi, 1985. M. Praz, "La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica", Firenze, Sansoni, 1988. Saggi e articoli su Aldous Huxley accessibili in italiano. C. Linati, "Aldous Huxley", in "Scrittori anglo-americani d'oggi", Milano, Corticelli, 1932. M. Astaldi, "Latinità di Aldo Huxley", in "Clienti e parassiti anglosassoni", Milano, Garzanti, 1940. B. Croce, "Osservazioni a una pagina di Aldous Huxley. «L'infelice condizione della storia»", in «Quaderni della critica», 6, 1946. N. Orsini, "Aldous Huxley", in «Belfagor», 1, 1946. M. Praz, "Aldous Huxley, Huxley a Bengodi e Huxley tra le rovine dei Maya", in "Cronache letterarie anglosassoni", Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1951, vol. 1. L. Bortolon, "I diavoli di Loudun", in «Vita e Pensiero», 37, 1954. E. Zolla, "Aldous Huxley and the Doom of Reason", in «Letterature moderne», 5, 1954. E. Cecchi, "Limbo e I diavoli di Loudun", in "Scrittori inglesi e americani", Milano, Il Saggiatore, 1964, vol. 2. M. Miserocchi, "Ricordo di Aldous Huxley", in «Nuova Antologia», 492,1964. G. Preti, "Retorica e logica. Le due culture", Torino, Einaudi, 1968. A. Scurani, "Profilo: Aldous Huxley", in «Letture», 3, 1969. A. Scurani, "Il sincretismo di Aldous Huxley", in «Letture», 25, 1970. M. Astaldi, "La lezione postuma di Aldous Huxley", in "Amici libri", Venezia, Neri Pozza, 1976. R. Rucini, "Aldous Huxley", in V. Amonuso-F. Binni (a cura di), "I contemporanei. Letteratura inglese", Roma, Lucarini, 1977, vol. 1. S. Manferlotti, "Invito alla lettura di Huxley", Milano, Mursia, 1987. F. Garnero, Introduzione a "I diavoli di Loudun", Milano, Oscar Mondadori, 1988. Su «Il mondo nuovo» e «Ritorno al mondo nuovo», accessibili in italiano. T. W. Adorno, "Aldous Huxley e l'utopia", in "Prismi, Saggi sulla critica della cultura", Francoforte, Suhrkamp Verlag, 1955; trad. it., 8 Torino, Einaudi, 1972. R. Runcini, "Il «mondo nuovo» di A. Huxley", in "Illusione e paura nel mondo borghese da Dickens a Orwell", Bari, Laterza, 1968. E. Bonicelli, "Libertà dell'utopia, Utopia della libertà", in «Rivista di letterature moderne e comparate», 26, 1973. R. Bianchi, "I parametri della controutopia", in Autori vari, "Utopia e fantascienza", Torino, Giappichelli, 1975. V. Fortunati, "La letteratura utopica inglese", Ravenna, Longo, 1978. D. Guardamagna, "Analisi dell'incubo, L'utopia negativa da Swift alla fantascienza", Roma, Bulzoni, 1980. R. Bertinetti, "Il suicidio della cultura, Divagazioni su «Brave New World»", in R. Bertinetti, A. Deidda, M. Domenichelli, "L'infondazione di Babele: l'antiutopia", Milano, Angeli, 1983. S. Manferlotti, "Anti-utopia, Huxley Orwell Burgess", Palermo, Sellerio, 1984. S. Manferlotti, "Prometeo dimenticato: l'uno e i molti nelle antiutopie di Zamjatin, Huxley ed Orwell", in A. Colombo (a cura di), "1984: Utopia e Distopia", Milano, Angeli, 1987. IL MONDO NUOVO. Traduzione di Lorenzo Gigli. "Le utopie appaiono oggi assai più realizzabili di quanto non si credesse un tempo. E noi ci troviamo attualmente davanti a una questione ben più angosciosa: come evitare la loro realizzazione definitiva? ... Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi d'evitare le utopie e di ritornare a una società non utopistica, meno 'perfetta' e più libera". Nicola Berdiaeff 1. Un edificio grigio e pesante di soli trentaquattro piani. Sopra l'entrata principale le parole: 'Centro di incubazione e di condizionamento di Londra Centrale' e in uno stemma il motto dello Stato Mondiale: 'Comunità, Identità, Stabilità'. 9 L'enorme stanza al pianterreno era volta verso il nord. Fredda, nonostante l'estate che sfolgorava al di là dei vetri, nonostante il caldo tropicale della stanza stessa; una luce fredda e sottile entrava dalle finestre, cercando avidamente qualche manichino drappeggiato, qualche pallida forma di mummia accademica, ma trovando solamente il vetro, le nichelature e lo squallido splendore di porcellana di un laboratorio. Gelo rispondeva a gelo. I camici dei lavoratori erano bianchi, le loro mani erano protette da guanti di gomma di un pallore cadaverico. La luce era gelida, morta, fantomatica. Solo dai gialli cilindri dei microscopi essa prendeva a prestito un po' di sostanza calda e vivente, spalmandola come del burro sui lucidi tubi, striando con una lunga successione di strisce luminose i tavoli di lavoro. «E questa» disse il Direttore aprendo la porta «è la Sala di fecondazione.» Nel momento in cui il Direttore del Centro di Incubazione e di Condizionatura entrò nella stanza, trecento fecondatori stavano chini sui loro strumenti, silenziosi e quasi trattenendo il respiro, qualcuno canterellando e fischiettando, modo incosciente di manifestare talvolta la più profonda concentrazione. Un gruppo di studenti arrivati da poco, molto giovani, rosei e imberbi, seguivano i passi del Direttore con una certa apprensione, quasi con umiltà. Ciascuno di essi teneva un taccuino in cui scarabocchiava disperatamente ogniqualvolta il grand'uomo apriva bocca: attingevano direttamente alla fonte, privilegio raro. Il Direttore di Londra Centrale aveva sempre cura di condurre in giro personalmente per i vari reparti gli studenti nuovi. «Semplicemente per darvi un'idea generale» egli era solito dir loro. Perché un'idea generale dovevano pure averla, per compiere il loro lavoro intelligentemente; e tuttavia era meglio che ne avessero il meno possibile, se dovevano riuscire più tardi buoni e felici membri della società. Perché, come tutti sanno, i particolari portano alla virtù e alla felicità; mentre le generalità sono, dal punto di vista intellettuale, dei mali inevitabili. Non i filosofi, ma i taglialegna e i collezionisti di francobolli compongono l'ossatura della società. «Domani» egli aggiungeva con una bonomia sorridente ma lievemente minacciosa «vi metterete a lavorare sul serio. Non avrete da gingillarvi con le generalità. Nel frattempo...» Nel frattempo, altro detto memorabile. Via, dalla bocca al libretto di note. I ragazzi scarabocchiavano come pazzi. Alto e piuttosto magro, ma dritto, il Direttore s'avanzò nella stanza. Egli aveva il mento lungo, i denti forti e alquanto sporgenti, coperti a malapena, quando non parlava, dalle labbra piene e floridamente curve. Vecchio, giovane? Trent'anni? Cinquanta? Cinquantacinque? Era difficile dire. In ogni modo era una domanda che non si poneva; in quest'anno di stabilità, A. F. 632, non veniva in mente a nessuno di formularla. «Comincerò dal principio» disse il Direttore: e gli studenti più zelanti annotarono la sua intenzione nei taccuini: 'Cominciare dal principio'. «Questi» e agitò la mano «sono gli incubatori.» E aprendo una porta isolante mostrò loro file su file di provette numerate. «La provvista settimanale d'ovuli. Mantenuti» spiegò «alla temperatura del sangue; mentre i gameti maschi» e qui aprì un'altra porta «devono 10
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