Dipartimento di Scienze Politiche Cattedra di Media Gender e Politica DONNE E TECNOLOGIE: IL DIGITAL GENDER GAP UN FOCUS SU IBM ITALIA Laureanda: Relatore: Chiara De Angelis Prof.ssa Emiliana De Blasio Matr. Correlatore: 623122 Prof. Michele Sorice A.A. 2014-2015 INDICE Introduzione ……………………………………………. CAPITOLO I Genere e tecnologie 1.1 Il Digital Divide – Definizione, origini e sviluppo…. 1.2 Inquadramento storico del fenomeno………………. 1.3 Due ipotesi sul divario: normalizzazione e stratificazione……………………………………….. 1.4 Analisi del Digital Divide…………………………... 1.5 Il Digital Gender Gap…………………..................... 1.5.1 Dal cyber femminismo di Donna Haraway al Digital Gender Gap………………………………………… 1.5.2 Il Digital Gender Gap Report 2013………………… CAPITOLO II Donne e “aree STEM” 2.1 Il Digital Gender Gap in Europa …………………… 2.2 Accesso delle donne nelle “aree STEM”…………… 2.3 Progetto NERD?……………………………………. - 1 - CAPITOLO III Un focus su IBM Italia 3.1 Il “soffitto di cristallo”…………………………… 3.2 IBM e le best practices……………………….......... 3.3. Metodologia della ricerca …………………………. 3.3.1 La survey: modalità di rilevazione ………………… 3.3.2 La survey: struttura del questionario……………… 3.3.3 I risultati del questionario…………………………... 3.3.4 Analisi dei dati aggregati per fasce di età…………… 3.3.5 Analisi dei dati aggregati per livello di istruzione…... 3.4 L'indice di utilizzo…………………………………... CAPITOLO IV Confronto con i dati ISTAT e conclusioni 4.1 Confronto con il dati Istat ………………………….. 4.1.1 Domanda 9): Attività svolte con Internet…………... 4.1.2 Domanda 10): Servizi utilizzati……………………. 4.2 Intervista con la Network Leader del WiT…………. 4.3 C o n clusioni………………………………………….. - 2 - CAPITOLO I GENERE E TECNOLOGIE 1.1. Il Digital Divide - Definizione, origini e sviluppo Il Digital Divide, traducibile letteralmente in “divario digitale” è un fenomeno recente, molto complesso ed articolato, legato allo sviluppo delle tecnologie informatiche e di Internet, sviluppo che sta generando diffusamente rilevanti diseguaglianze culturali e sociali. A causa della complessità e della multidimensionalità del fenomeno, non ne esiste una definizione univoca: esistono bensì diverse definizioni che tentano di descriverlo compiutamente, ma che devono essere continuamente modificate e riadattate, in quanto il Digital Divide è un processo in continua e veloce evoluzione. La sociologa Laura Sartori, tra le studiose italiane del fenomeno una di quelle che hanno dato una spinta innovativa alla materia, lo definisce infatti come “un concetto multidimensionale, sfaccettato e in continua evoluzione a cui una visione polare non può che fare l'effetto di una coperta troppo corta” (Sartori, 2006, 19). Generalmente si parla di Digital Divide per indicare quel fenomeno che riguarda il divario esistente tra coloro che hanno la - 4 - possibilità di accedere alle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e dunque alla rete, ad Internet cioè, e coloro che invece non hanno questa possibilità. Questa si può considerare la prima definizione ufficiale del cosiddetto divario digitale, apparsa nel terzo rapporto della serie Falling through the Net stilato nel 1999 dalla National Telecommunications and Information Administration negli Stati Uniti. Nell'uso comune, il Digital Divide indica, quindi, ogni forma di disuguaglianza, discriminazione, barriera o limitazione esistente nell'accesso alle nuove tecnologie. Tale differenza non riguarda però soltanto la possibilità di accedere fisicamente a computers e ad Internet, ma anche l'effettiva capacità di utilizzare questi strumenti. Il Digital Divide in questo modo viene necessariamente considerato come un fenomeno multidimensionale, caratterizzato da due aspetti fondamentali: l'accesso e l'uso. Oltre cioè al mero accesso ad Internet offerto dal possesso di un pc e di un modem, si inizia a dibattere pubblicamente di eventuali possibilità di distinzioni in base alle diverse capacità dei singoli di usare efficacemente le nuove tecnologie, Internet in primis. Ai meccanismi di esclusione sociale e discriminazione già esistenti, quindi, si aggiunge questo nuovo elemento che, come sottolinea il prof. Manuel Castells, studioso e analista della rete, della società e dell'informazione, uno dei sociologi più influenti oggi al mondo, amplifica la distanza tra chi vive nella cosiddetta “era dell’informazione” e chi invece ne rimane escluso. Nella sua opera “La nascita della società in rete”, considerata da tempo una delle pietre miliari della sociologia contemporanea, vengono analizzate in - 5 - modo puntuale le dinamiche reali del passaggio epocale dalla vecchia era industriale a quella che lo stesso Castells definisce “informazionale”, in cui le innovazioni tecnologiche hanno modificato i paradigmi comunicativi, facendoli diventare ormai interattivi. Le reti costituiscono “la nuova morfologia sociale e…..la diffusione della logica di rete modifica in modo sostanziale l’operare e i risultati dei processi di produzione, esperienza, potere e cultura”. ( Castells, 2002, …. ) Quindi, la conclusione di Castells è che il nuovo sistema sociale a reti globali dipende totalmente sia dall’accesso che dal know-how tecnologico. L’unica prospettiva corretta è, quindi, quella che vede la tecnologia totalmente immersa, embedded, nel contesto sociale, tenendo conto oltre che della mera disponibilità fisica di un computer, anche di fattori come le risorse economiche, sociali o relazionali. E i principali soggetti discriminati risultano essere nella maggior parte dei Paesi i poveri, gli anziani, le donne, i poco istruiti. I nuovi media infatti, in particolare il computer ed Internet, hanno modificato profondamente la nostra società, specialmente per quanto riguarda la fruizione delle informazioni che, oggi, rappresentano il fulcro della conoscenza e dell'agire sociale di ogni individuo. Le nuove tecnologie hanno mutato in modo capillare i diversi aspetti della nostra vita quotidiana, il nostro muoverci, agire, il nostro stesso percepire il tempo e lo spazio. Il mondo ha subito un vero e proprio processo di metamorfosi e si è trasformato, per usare una famosa espressione del sociologo canadese McLuhan, in un grande “villaggio globale”, all'interno del quale idee, tecnologie, prodotti e persone si spostano da un luogo - 6 - all'altro e dove le diverse culture entrano in contatto fra loro, influenzandosi a vicenda in modo sempre più dinamico. L'innovazione tecnologica, permettendo la creazione di nuovi media, ha creato anche un nuovo processo di comunicazione bidirezionale ed interattivo: il grande passo in avanti del Web 2.0 sta proprio nel fatto che si inizia a dare importanza alla condivisione delle informazioni, i cui contenuti diventano quindi multimediali ed interattivi, rivoluzionando così le tradizionali forme di comunicazione e socializzazione degli individui e, allo stesso tempo, modificando profondamente i contesti sociali, economici e culturali. Il computer e le nuove tecnologie appaiono in modo sempre più evidente, a seconda del contesto sociale e delle situazioni in cui si trovano i soggetti, di genere, di età, di cultura, di abilità o disabilità, come una barriera o, viceversa, come un ponte, verso la fruizione e condivisione delle informazioni. Se la tecnologia diventa “ponte”, offre la possibilità di collegare persone, comunità, paesi, in modo egualitario e dunque democratico. Ma se l'impossibilità di accesso crea una barriera, un muro, fra le persone anche a seconda del censo o del luogo geografico in cui vivono, essa si va ad aggiungere alle altre barriere che dividono gli esseri umani, siano esse fondamentali per la sopravvivenza come l'accesso all'acqua o alle risorse alimentari, alle cure mediche o all'istruzione, o basilari per il rispetto dei diritti umani, delle libertà individuali. 1.2 Inquadramento storico del fenomeno - 7 - Dal momento che non esiste una definizione univoca ed universalmente accettata di Digital Divide, risulta particolarmente difficile, se non addirittura impossibile, datare la nascita del termine, così come anche individuare la persona che lo ha coniato. Secondo Andy Carvin, ricercatore nel programma di Communication Policy della Bentos Foundation: “Nessuno sa chi abbia inventato il termine […] Gore, Clinton e Harmon hanno contribuito a renderlo popolare attraverso i media, mentre Larry Irvin e Bonnie Bracey lo hanno diffuso tra gli studiosi e i policy-maker” (Digital Divide Network, 31 maggio 2004). Il tentativo di ricostruire l'origine del termine rimanda peraltro a situazioni e significati spesso molto diversi fra loro. Nel corso degli anni Novanta del secolo scorso infatti, qualcuno lo ha usato per distinguere atteggiamenti di euforia o di pessimismo nei confronti della tecnologia, altri invece per indicare problemi tecnici legati all'incompatibilità tra le reti analogiche e digitali dei telefoni cellulari, delle televisioni e delle trasmissioni satellitari. Al Gore, Vicepresidente degli Stati Uniti, invece, nel 1996, lo usò per indicare le diverse opportunità degli studenti di poter accedere o meno all'uso dei personal computers a scuola, impegnandosi, nell’ambito dei programmi federali di istruzione, a sostenere l’uso delle nuove tecnologie nella scuola dell’obbligo per spianare la strada alla costruzione di una vera e propria “information superhighway”. - 8 - Si cominciò a parlare di Digital Divide, quindi, per la prima volta, quando l'amministrazione Clinton individuò nell'obiettivo di assicurare a tutti gli americani i benefici dell'era digitale e nello sviluppo e potenziamento delle nuove tecnologie una sorta di “nuova frontiera”. Fu solo nel 1999 che si giunse ad un consenso unanime nel definire il fenomeno in termini di accesso alle nuove tecnologie informatiche. Questa risulta essere, di fatto, la prima definizione “ufficiale” di Digital Divide, e sulla base di essa vennero coniate due espressioni molto popolari ed utilizzate tutt'oggi: haves e have-nots, che identificano chi dispone (haves) o non dispone (have-nots) di accesso alle tecnologie informatiche ed in particolare ad Internet. Tale definizione, che dà per scontata la disponibilità di una linea telefonica, distingue tra chi dispone di un personal computer e di un modem, e può quindi accedere ad Internet, e chi invece non disponendo di tale tecnologia rimane tagliato fuori dalla società della rete. Storicamente, i primi a parlare di Digital Divide furono quindi Al Gore e Bill Clinton, rispettivamente Vicepresidente e Presidente U.S.A., quando, all'inizio degli anni Novanta, intrapresero negli Stati Uniti delle politiche di sviluppo e potenziamento di Internet come infrastruttura. Lo sviluppo ed il potenziamento delle nuove tecnologie avvenuto in quel Paese evidenziò, infatti, di pari passo, come alle enormi possibilità che queste ultime spalancavano si accompagnassero anche nuove disuguaglianze. - 9 - Il concetto di divario digitale era riferito allora alla difficoltà, anche in termini di costi, di accesso ad Internet in alcune zone del Paese: era quindi una questione economica più che sociale. Quando poi, in quegli anni, Internet esplose come fenomeno di massa e divenne così anche un importante strumento di lavoro e di investimenti economici, il divario si fece sempre più marcato, anche in termini sociali: non essere connessi alla rete, o comunque non avere gli strumenti cognitivi per farlo, significava quindi essere relegati ai margini della società. Nel frattempo si aprì un dibattito su altre possibili distinzioni basate sulle diverse capacità dei singoli utenti di utilizzare, in maniera più o meno efficace, questo mezzo di informazione, e quindi della possibile esistenza di un divario digitale tra gli stessi haves. Questo dibattito ha allargato l'orizzonte dei possibili significati del termine, ma ha anche iniziato ad allontanarlo dalla sua prima definizione del 1999, evidenziando come il fenomeno del Digital Divide fosse molto più complesso di una semplice differenziazione tra quanti si connettono abitualmente alla rete e quanti non lo fanno. Il Digital Divide venne definito dagli esperti come un “obiettivo mobile”, sottolineando in tal modo la difficoltà di studiare un fenomeno in continua evoluzione. Gli studiosi si resero conto infatti di non avere a che fare con un solo tipo di divario, bensì con una moltitudine di differenze sociali, culturali, economiche e tecnologiche che vengono etichettate come Digital Divide e che variano in continuazione, in relazione all'evoluzione della tecnologia alla quale sono legate. In questo senso si è sviluppato un nuovo filone di studi che si occupa in particolare delle digital inequalities, - 10 -
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