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Appunti per il corso di Meccanica Analitica PDF

121 Pages·2011·1.31 MB·Italian
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Appunti per il corso di Meccanica Analitica Giancarlo Benettin Anno accademico 2010–2011 i ii Queste note sono indirizzate agli studenti del corso di Meccanica Analitica, recentemente isti- tuito a Padova per la laurea di primo livello in Fisica. Sono dedicate alla Meccanica di Hamilton e ad alcune sue applicazioni. Lo scopo `e quello di mostrare che il formalismo hamiltoniano — fa- cilmente percepito, a livello elementare, come una riscrittura un po’ misteriosa e di incerta utilita` del formalismo lagrangiano — `e invece uno strumento potente e insostituibile per meglio descri- vere e comprendere il mondo fisico, e nei limiti del possibile, che `e anche una bella costruzione intellettuale. Il puntodipartenza, cio`equellochesid`a quiper noto,`ela meccanicaanalitica“elementare”che si studia al secondo anno: ovvero il formalismo lagrangiano e i primissimi elementi di meccanica hamiltoniana (le equazioni di Hamilton e il loro legame con le equazioni di Lagrange, la parentesi di Poisson); di questi ultimi comunque, per completezza, si fa nel primo paragrafo un breve richiamo. Il punto di arrivo, purtroppo, non arriva a comprendere nessuno dei grandi successi moderni della meccanica hamiltoniana: ma di alcuni (teoria “KAM”, 1954; teoria di Nekhoroshev, 1976) si arriva, per cos`ı dire, alla soglia, e gli si d`a almeno un’occhiata, anche se un po’ di sfuggita. Lo studio potra` eventualmente continuare, per gli studenti interessati, in corsi piu` avanzati. Lo spirito con cui le note sono state stese, che si raccomanda agli studenti di far proprio nello studio, `e quello classico della Fisica Matematica: mantenersi fedeli al rigore del procedimento e del linguaggio matematico, dando allo stesso tempo enfasi al senso fisico del formalismo introdotto, nella convinzione che i due punti di vista (qui e in ogni campo della fisica matematica, o forse della fisica e della matematica), ben lungi dall’ostacolarsi, si completano a vicenda e sono entrambi necessari per capire. La stesura, bench´e gia` rivista, va considerata ancora incompleta e provvisoria. Raccomando agli studenti di tenerne conto, e conto sulla loro collaborazione per far s`ı che la prossima versione sia migliore: qualunque commento — dalla segnalazione degli inevitabili errori all’indicazione di quello che non `e abbastanza chiaro e si potrebbe dire meglio — `e molto gradito. G. B. — a.a. 2005–06 “Se chiudete la porta a tutti gli errori, anche la verit`a ne restera` fuori” R. Tagore iii INDICE 1. Richiami sulle equazioni di Hamilton 1.1 Sistemi hamiltoniani 1.2 Parentesi di Poisson 2. Le trasformazioni canoniche 2.1 Nozione ed esempi 2.2 Funzioni generatrici di trasformazioni canoniche 2.3 Trasformazioni canoniche dipendenti dal tempo 2.4 Qualche esercizio 3. Sistemi hamiltoniani “integrabili” 3.1 Nozione di sistema integrabile 3.2 Le variabili di azione–angolo per il pendolo 3.3 Il teorema di Liouville–Arnol’d 3.4 Il corpo rigido di Eulero–Poinsot come sistema hamiltoniano integrabile 3.5 L’equazione di Hamilton–Jacobi 4. Introduzione alla teoria hamiltoniana delle perturbazioni 4.1 Sistemi prossimi a sistemi integrabili 4.2 La “stima a priori” 4.3 Il “principio della media” 4.4 Sistemi isocroni perturbati: un passo perturbativo 4.5 I grandi teoremi della teoria hamiltoniana delle perturbazioni 4.6 Invarianti adiabatici Appendici A. Equazioni differenziali che preservano il volume B. Commutazione di flussi hamiltoniani C. Alcune dimostrazioni riguardanti le trasformazioni canoniche D. Risoluzione di alcuni esercizi E. Il teorema di Liouville–Arnol’d: dimostrazione dei punti i. e ii. F. Nozioni di base sulla dinamica del corpo rigido G. L’equazione di Van der Pol H. Il modello classico per la precessione degli equinozi iv Letture supplementari – V.I. Arnol’d, Metodi matematici della meccanica classica, Editori Riuniti 1979. – V.I. Arnol’d, Metodi geometrici della teoria delle equazioni differenziali ordinarie, capitolo 4, Editori Riuniti 1989. – V.I. Arnol’d (editore), Dynamical Systems III, collezione Encyclopaedia of Mathematical Science, Springer 1985. – G. Benettin, Introduzione ai sistemi dinamici, Capitolo III, dispense non pubblicate (www.math.unipd.it/~benettin). – G.Benettin,The elements of Hamiltonian perturbation theory,in: Hamiltonian dynamics and frequency analysis, volume curato da D. Benest, C. Froeschl´e e E. Lega, Cambridge Scientific Publisher 2005. 1.1 — Sistemi hamiltoniani 1 1 Richiami sulle equazioni di Hamilton 1.1 Sistemi hamiltoniani Richiamiamo innanzitutto la nozione elementare, locale, di sistema hamiltoniano. Sia U un aperto di R2n (la dimensione pari `e essenziale) munito di coordinate (p,q) = (p ,...,p ,q ,...,q ) , 1 n 1 n e sia H una funzione regolare: U R. Il sistema di 2n equazioni differenziali ordinarie → ∂H ∂H p˙ = , q˙ = , i = 1,...,n , (1.1) i i −∂q ∂p i i `e detto sistema hamiltoniano di hamiltoniana (o funzione di Hamilton) H; le (1.1) sono dette equazioni di Hamilton. Useremo di regola la scrittura piu` agile, senza indici, ∂H ∂H p˙ = , q˙ = . − ∂q ∂p Le variabili p sono dette momenti coniugati alle coordinate q; n `e detto numero di gradi di libert`a del sistema; U `e detto spazio delle fasi. Possiamo utilmente introdurre la notazione compatta x = (x ,...,x ) = (p ,...,p ,q ,...,q ) 1 2n 1 n 1 n e scrivere le equazioni di hamilton nella forma x˙ = X (x) , X = (X ,...,X ) ; H H H,1 H,2n X : U R2n, detto campo vettoriale hamiltoniano associato all’hamiltoniana H, `e dato H → evidentemente da ∂H ∂H ∂H ∂H ∂H ∂H X = , = ,..., , ,..., . H − ∂q ∂p − ∂q −∂q ∂p ∂p 1 n 1 n (cid:16) (cid:17) (cid:16) (cid:17) Se allora per una generica funzione f : U R denotiamo con ∂ f la 2n-pla delle sue derivate (i x → coefficienti del differenziale df): ∂f ∂f ∂f ∂f ∂f ∂f ∂ f = ,..., = ,..., , ,..., , x ∂x ∂x ∂p ∂p ∂q ∂q 1 2n 1 n 1 n (cid:16) (cid:17) (cid:16) (cid:17) il legame tra X e ∂ H si scrive in modo compatto H x X = E∂ H , (1.2) H x ove E `e la matrice antisimmetrica O I E = − I O (cid:18) (cid:19) incuiOeIdenotanorispettivamentelamatricenullael’identita`n n. Siverificaimmediatamente × che risulta ET = E 1 = E. Si ha perci`o E2 = I, con I identita` 2n 2n (relazione che ricorda − − − × i2 = 1, ove i `e l’unita` immaginaria). − 1.1 — Sistemi hamiltoniani 2 La soluzione delle equazioni di Hamilton al tempo t, con dato iniziale (p,q) U, verr`a denotata ∈ Φt (p,q); Φt `edettoflussodelsistemahamiltoniano. Supporremosemprecheilflussosiacompleto, H H ovvero che Φt : U U sia definito per ogni t R. In questo caso, grazie al fatto che il sistema `e H → ∈ autonomo, ovvero H e di conseguenza le equazioni di Hamilton non dipendono esplicitamente da t, Φt ,t R `e un gruppo:1 l’identita` `e Φ0 , e poi { H ∈ } H (Φt ) 1 = Φ t , Φt+s = Φt Φs = Φs Φt . (1.3) H − −H H H ◦ H H ◦ H Una propriet`a importante del flusso hamiltoniano, nota come teorema di Liouville, `e che Φt H preserva il volume nello spazio delle fasi, o piu` in generale preserva la misura di Lebesgue: per ogni A U (misurabile) si ha Vol(Φt (A)) = Vol(A); si veda l’appendice A per dettagli e ulteriori ⊂ H commenti, nonch´e per il teorema del ritorno, di Poincar´e, uno degli aspetti curiosi ma in realta` profondi della meccanica hamiltoniana. Nei sistemi Hamiltoniani (autonomi) si conserva l’energia, piu` precisamente l’hamiltoniana stessa `e costante lungo le soluzioni: dH = 0 , H(Φt (p,q)) = H(p,q) . (1.4) dt H Corrispondentemente le superfici di energia costante Σ = (p,q) U : H(p,q) = E E { ∈ } sono invarianti: Φt (Σ ) = Σ . H E E Hamiltoniane che differiscono per una costante moltiplicativa c = 0 hanno gli stessi moti, a 6 meno di un banale riscalamento del tempo: si vede subito infatti che si ha2 Φt = Φct . (1.5) cH H Una spontanea generalizzazione`e quella al caso non autonomo in cui H dipende esplicitamente dal tempo: H : U R R, (p,q,t) H(p,q,t). Le equazioni di Hamilton (1.1) dipendono allora × → 7→ esse stesse dal tempo e la propriet`a gruppale si perde. La (1.4) `e sostituita dalla piu` generale dH ∂H = , dt ∂t mentre continua a valere la conservazione del volume nello spazio delle fasi. All’occorrenza `e sempre possibile pensare un sistema non autonomo a n gradi di liberta` come un (particolare) sistema autonomo a n+1 gradi di liberta`, di hamiltoniana K(p ,...,p ,A,q ,...,q ,τ) = H(p ,...,p ,q ,...,q ,τ)+A 1 n 1 n 1 n 1 n 1Del tutto in generale, se x˙ = X(x) `e un’equazione differenziale autonoma in Rn, il suo flusso Φt `e un gruppo, X precisamentesihaΦ0 =identita`,(Φt )−1 =Φ−t,Φt+s =Φt Φs =Φs Φt . L’osservazionefondamentale`echese X X X X X◦ X X◦ X xˆ(t)`e soluzione particolare dell’equazione corrispondente al dato iniziale x, allora anche xˆ′(t)=xˆ(t+s)`e soluzione dell’equazione, con dato iniziale xˆ′(0)=xˆ(s). Attenzione: se il sistema non`e autonomo la propriet`a non`e piu` vera. 2Anche al di fuori del caso hamiltoniano, se Φt denota il flusso associato all’equazione differenziale x˙ = X(x), X si ha l’identita` Φt = Φct. In ambito hamiltoniano vale la propriet`a piu` generale che se K(p,q) = F(H(p,q)) con cX X F :R R, allora K e H hanno ancora gli stessi moti a meno di un riscalamento del tempo dipendente dall’energia, → precisamente dato, sulla superficie di energia costante Σ , dal coefficiente c=F′(E). E 1.1 — Sistemi hamiltoniani 3 (si `e usata la notazione A = p , τ = q ). Con evidenza si ha τ˙ = 1, e dunque i moti con dato n+1 n+1 iniziale τ(0) = 0 danno τ(t) = t; le equazioni di Hamilton relative a K vanno allora a coincidere con quelle relative a H. Le sorti della variabile ausiliaria A, soggetta all’equazione ∂K ∂H dH A˙ = = = − ∂τ − ∂t − dt non interessano, se non per il fatto che la sua variazione nel tempo `e opposta a quella di H (corrispondentemente K si conserva). I sistemi hamiltoniani si affacciano naturalmente nel corso dello studio della meccanica lagran- giana, e le equazioni di Hamilton appaiono allora come una possibile riformulazione delle equazioni di Lagrange, ad esse equivalenti. Ma `e una visione riduttiva, ed `e bene invece prendere il punto di vista, piu` ampio, in cui i due formalismi sono indipendenti e dotati di vita e interesse proprio, bench´e sia vero che molti sistemi fisici ammettono l’una e l’altra descrizione. Ricordiamo che si passa dal formalismo lagrangiano a quello hamiltoniano, e viceversa, attraverso la cosiddetta tra- sformata di Legendre. Telegraficamente: il legame tra le variabili lagrangiane (q,q˙) e le variabili hamiltoniane (p,q) `e dato da ∂L p(q,q˙) = , (1.6) ∂q˙ (in dettaglio p = ∂L, i = 1,...,n), mentre il legame tra L e H `e i ∂q˙i H(p,q) = p q˙(p,q) L(q˙(p,q),q) , · − ove q˙(p,q) `e la funzione che inverte la (1.6), mentre il punto denota il consueto prodotto scalare di n–ple. Il passaggio da un formalismo all’altro si pu`o fare se la (1.6) `e invertibile: localmente basta det( ∂2L ) = 0, mentre se si vuole (come `e tipico) che l’inversione si estenda a ogni q˙ Rn, una ∂q˙i∂q˙j 6 ∈ buona condizione sufficiente`e la convessita` di L nelle q˙ (assicurata in tutti i casi meccanici, quando l’energia cinetica `e una forma quadratica definita positiva nelle q˙). Ricordiamo qualche esempio elementare di sistema hamiltoniano, scrivendo anche per raffronto la corrispondente lagrangiana. i) Un punto materiale di massa m sulla retta, soggetto a potenziale posizionale: 1 1 L(q,q˙) = mq˙2 V(q) , H(p,q) = p2+V(q) ; 2 − 2m p = mq˙ `e il momento lineare. Per V = 1mω2q2 si ha l’oscillatore armonico lineare di 2 pulsazione ω. ii) Il pendolo: indicando con ϑ la coordinata, si ha p2 L(ϑ,ϑ˙) = 1ml2ϑ˙2+mglcosϑ , H(p,q) = mglcosϑ ; 2 2ml2 − p = ml2ϑ˙ `e il momento angolare. iii) Il moto centrale piano. In coordinate polari piane (r,ϑ) si ha 1 p2 p2 L(r,ϑ,r˙,ϑ˙) = m(r˙2+r2ϑ˙2) V(r) , H(p ,p ) = r + ϑ +V(r) ; 2 − r ϑ 2m mr2 1.2 — Parentesi di Poisson 4 p = mr˙ `e la componente radiale del momento lineare, p = mr2ϑ˙ `e il momento angolare. r ϑ Per V(r) = 1mω2r2 si ha l’oscillatore armonico piano, per V(r) = Cm/r si ha il problema 2 − di Keplero. iv) I tipici sistemi meccanici in cui L `e della forma 1 L(q,q˙) = q˙ a(q)q˙ V(q) = K V 2 · − − (K energia cinetica, V energia potenziale, a matrice cinetica simmetrica e definita positiva): si ha p = aq˙ e poi 1 H(p,q) = p a 1(q)p+V(q) = K +V . − 2 · Ma non `e sempre cos`ı : ad esempio v) Una carica elettrica e in un campo elettromagnetico assegnato: detti ϕ(q,t) e A(q,t) i potenziali scalare e vettore (q = (q ,q ,q ), A = (A ,A ,A )), si ha 1 2 3 1 2 3 m 1 L(q,q˙,t) = q˙2+e(q˙ A ϕ) , H(p,q,t) = (p eA)2+eϕ , 2 · − 2m − e il legame tra p e q˙ `e p = mq˙+eA. Vale la pena di osservare che, come risulta delle (1.1), il prodotto p q , per ogni coppia di i i • variabili coniugate, ha la stessa dimensione fisica, precisamente la dimensione dell’hamilto- niana H moltiplicata per un tempo; nel caso tipico della fisica in cui H `e un’energia, p q `e i i un’azione. 1.2 Parentesi di Poisson In ambito hamiltoniano`e naturale introdurre un’operazione binaria tra funzioni, detta parentesi di Poisson, definita per ogni coppia di funzioni (regolari) U R da → ∂f ∂g ∂f ∂g f,g = . { } ∂q · ∂p − ∂p · ∂q In notazione compatta si ha f,g = ∂ f E∂ g . x x { } · L’operazione `e chiusa nello spazio delle funzioni infinitamente differenziabili: U R, e gode di tre → propriet`a elementari: f,g = g,f (antisimmetria) { } −{ } c f +c f ,g = c f ,g +c f ,g (linearit`a) 1 1 2 2 1 1 2 2 { } { } { } f f ,g = f f ,g + f ,g f (regola di Leibnitz) . 1 2 1 2 1 2 { } { } { } L’antisimmetria implica f,f = 0; piu` in generale, se g(p,q) = G(f(p,q)) con G : R R, allora { } → f,g = 0. Un’ulteriore importante propriet`a della parentesi di Poisson `e l’identita` di Jacobi: per { } ogni terna di funzioni f,g,h risulta3 f,g ,h + g,h ,f + h,f ,g = 0 . {{ } } {{ } } {{ } } 3L’identita` di Jacobi `e soddisfatta da due altre comuni operazioni binarie: il prodotto vettoriale u v in R3 e il × commutatore di matrici (o di operatori) [A,B]=AB BA. − 1.2 — Parentesi di Poisson 5 LaparentesidiPoissonintervienenaturalmentenellameccanicaHamiltonianagrazieallapropriet`a, elementare ma fondamentale, f˙= f,H , (1.7) { } ove f˙ `e la derivata di f lungo il flusso: d ∂f ∂f f˙(p,q) = f(Φt (p,q)) = p˙+ q˙ dt H t=0 ∂p · ∂q · ∂f ∂H ∂(cid:12)f ∂H = + (cid:12) . −∂p · ∂q ∂(cid:12)q · ∂p Se f dipende esplicitamente anche da t, allora la (1.7) si generalizza in ∂f f˙= f,H + . { } ∂t Per ogni fissata g l’operatore L = .,g g { } `e un operatore di derivazione i cui coefficienti sono le derivate parziali di g: ∂g ∂ ∂g ∂ L = + ; g −∂q · ∂p ∂p · ∂q L altro non `e che la derivata di Lie relativa al campo vettoriale hamiltoniano X = ( ∂g, ∂g) g g −∂q ∂p associato alla hamiltoniana g. Prese due funzioni f e g, il prodotto L L non `e un operatore di f g derivazione, perch´e contiene le derivate seconde. Se pero` consideriamo il commutatore [L ,L ] = f g L L L L , i termini di derivata seconda di elidono e si ha ancora un operatore di derivazione: f g g f − precisamente risulta [L ,L ] = L ; (1.8) f g f,g − { } questa espressione si vede subito essere l’identita` di Jacobi, trascritta in questa notazione. Come si vede dalla (1.7), se f ha parentesi di Poisson nulla con l’hamiltoniana allora `e una costante del moto (e viceversa). Se f e g sono costanti del moto, anche f,g lo `e (identita` di { } Jacobi). La (1.8) mostra che se f e g hanno parentesi di Poisson nulla, le corrispondenti derivate di Lie commutano; si dice anche, un po’ impropriamente, che f e g commutano (la stessa parentesi di Poisson `e chiamata talvolta commutatore). In questo caso — ma non `e banale, si veda l’appendice B — anche i flussi hamiltoniani di f e g, pensate come funzioni di Hamilton, commutano: f,g = 0 Φs Φt = Φt Φs s,t R . { } ⇐⇒ f ◦ g g ◦ f ∀ ∈ Qualche esempio di parentesi di Poisson: i) Le“parentesidiPoissonelementari”: denotando(unpo’impropriamente)conp ,q lefunzioni i i coordinate (cio`e p (p,q) = p , q (p,q) = q ), per ogni i,j si ha i i i i p ,p = 0 , q ,q = 0 , q ,p = δ . i j i j i j ij { } { } { } ii) Per un punto materiale, denotando con x,y,z le coordinate, con p = (p ,p ,p ) i momenti x y z lineari, e con M = (M ,M ,M ) il momento angolare, si ha x y z M ,M = M , x y z { } 2.1 — Nozione ed esempi 6 assieme alle analoghe che si ottengono ciclando gli indici, e inoltre M ,M2 = 0 , p ,M = p , p ,M = p , p ,M = 0 x x y z x z y x x { } { } { } − { } e analoghe. Esercizio 1 Si verifichi che se f(p,q) = F(g(p,q)), con F : R R, allora f,g = 0. Piu` in → { } generale: se f(p,q) = F(p,q,g(p,q)), con F : R2n+1 R, allora nel calcolo di f,g si pu`o → { } ignorare la dipendenza di f da p e q attraverso g. Esercizio 2 E’ facile trovare sistemi di punti materiali per i quali si conservano due componenti della quantit`a di moto, ma non la terza (ad esempio, un sistema con solo forze interne e la gravita`). E’ possibile trovare un sistema hamiltoniano in cui si conservano due componenti del momento angolare, senza che si conservi anche la terza? 2 Le trasformazioni canoniche 2.1 Nozione ed esempi Uno degli aspetti piu` interessanti del formalismo lagrangiano`e la sua invarianza per trasformazioni di coordinate: preso un qualunque sistema lagrangiano di lagrangiana L(q,q˙,t), se introduciamo la trasformazione di coordinate (eventualmente dipendente dal tempo) q = q(q˜,t), in dettaglio q = q (q˜ ,...,q˜ ,t) , i = 1,...,n , i i 1 n e la estendiamo alle velocita ponendo n ∂q ∂q q˙ = iq˜˙ + i , i ∂q˜ j ∂t j j=1 X le equazioni del moto nelle nuove coordinate q˜ ,...,q˜ hanno ancora la forma di equazioni di 1 n Lagrange, e la nuova lagrangiana L˜ si ottiene da L per semplice sostituzione di variabili: L˜(q˜,q˜˙,t) = L(q(q˜,t),q˙(q˜,q˜˙,t),t) . Vogliamo qui studiare il problema analogo per il formalismo hamiltoniano. Come avremo modo di vedere, il formalismo hamiltoniano da questo punto di vista `e sensibilmente piu` interessante e piu` ricco del formalismo lagrangiano, perch´e la classe di trasformazioni di coordinate ammissibili in ambito hamiltoniano, chiamate trasformazioni canoniche, `e sostanzialmente piu` vasta. La no- vit`a essenziale `e che oltre alle trasformazioni in cui (similmente all’ambito lagrangiano) q ,...,q 1 n dipendono dalle sole q˜ ,...,q˜ e da t, e i momenti si trasformano di conseguenza (trasformazio- 1 n ni “puntuali” estese naturalmente ai momenti) si prendono in considerazione trasformazioni di coordinate piu` generali, del tipo p = u (p˜,q˜,t) , q = v (p˜,q˜,t) , i = 1,...,n , i i i i o in notazione piu` agile p = u(p˜,q˜,t) , q = v(p˜,q˜,t) ,

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